Forlì, 4 maggio 2012 - Il fisco gli chiede di pagare 600 mila euro per colpa di un... fornello. Sembra un paradosso la vicenda di Ernesto Salmi, imprenditore forlivese, ennesimo caso di rapporto complicato fra l’erario e il cittadino.
Salmi è il titolare di un immobiliare, la Eurocom Italia srl, che nel 2004 acquista 35 appartamenti a Lido Adriano, in un complesso edilizio, il Residence Verde Mare, che ne comprende 120. Anni dopo, in seguito a una perizia su un alloggio ‘gemello’, dunque non di proprietà dell’immobiliarista, l’agenzia delle entrate ritiene che la mancanza di un fornello all’interno delle singole abitazioni le faccia tutte diventare ‘residence’. Con la conseguenza che l’Iva non è più al 10% ma al 20%. Nel giro di breve tempo, nel corso del 2011, a Salmi giungono tre cartelle di Equitalia, per una somma complessiva vicina a 600 mila euro. Si sostiene che al momento dell’acquisto avrebbe dovuto versare l’Iva al 20% e non al 10%.
"Una tesi assurda, tanto per cominciare il fornello nei miei appartamenti c’è. Inoltre il rogito è stato fatto dal notaio sulla base della classificazione catastale dell’immobile, che era un appartamento A3 — sostiene l’immobiliarista — . D’altra parte non mi si contesta neppure che avrei evaso l’imposta, perché ho versato il 10% e la stessa percentuale l’ho incassata al momento della vendita di alcuni degli alloggi".
Per avere un’altra conferma, l’uomo si reca anche al Comune di Ravenna. "E scopro che al momento in cui il complesso è stato costruito, non c’era neppure un piano regolatore di Lido Adriano, ma solo un regolamento d’igiene. Non capisco proprio in base a quale norma si possa dire che si tratta di residence, quando lo stesso catasto dimostra il contrario".
L’imprenditore organizza la sua difesa. Fa ricorso alla commissione tributaria di Forlì, che però lo respinge. Nel frattempo nota un’altra cosa che non gli quadra: tutte le tre cartelle in cui gli si contesta l’addebito, sono accompagnate da una relata di notifica in bianco. "Eppure una recente sentenza della Cassazione ha stabilito con chiarezza che tali atti sono nulli — continua l’uomo — per un evidente vizio di forma. La documentazione deve essere compilata in ciascuna sua parte, invece è indicato solo l’indirizzo della Eurocom Italia e tutto il resto è vuoto".
Scatta un secondo ricorso. Rigettato anche quello. Salmi prende carta e penna, scrive al ministero delle Finanze, persino ai ministri Angelino Alfano (prima) e più recentemente a Paola Severino, titolare del dicastero della Giustizia. Vuole segnalare il suo caso, come emblema di una stortura.
"Sono stufo di queste vessazioni, da parte di chi è in torto, sia dal punto di vista giuridico che nei fatti — incalza l’imprenditore — . Ma chi nomina i componenti della commissione tributaria? Sto valutando di lanciare una raccolta di firme per promuovere l’elezione diretta di queste cariche".
La storia non è ancora finita. Per ora delle contravvenzioni Salmi non ha pagato un soldo, ma ha dovuto comunque sborsare fondi per avvocati e ricorsi. L’ultimo, che verrà discusso probabilmente l’anno prossimo, è stato inoltrato alla commissione tributaria regionale, contro il pronunciamento dell’organo forlivese.
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