«Non importa se preferisci le catene alberghiere o gli hotel di nicchia: su Trip Advisor puoi trovare tante recensioni vere e autentiche di cui ti puoi fidare». Alla fine, il nocciolo della questione è tutto qui, nella descrizione che esce quando si cerca «Trip Advisor» su Google. In quel «vere e autentiche». Nell’idea che ci si possa fidare. Perché cresce il fronte di chi dice che non ci si può fidare affatto.
È un gruppo che unisce gli esercenti di Fipe e Federalberghi e associazioni di consumatori come il Codacons. Un gruppo che da ieri mattina esulta, per la decisione dell’Antitrust di mettere sotto indagine – dopo Expedia e Booking – anche Trip Advisor. L’ipotesi è pratica commerciale scorretta. L’intenzione verificare se il sito faccia tutto il possibile per evitare le recensioni fasulle.
Se la questione non vi sembra così nuova, c’è un motivo. Da quando ha preso piede, Trip Advisor non ha smesso di far litigare recensori e recensiti. Un paio di volte, è persino scattata la querela per diffamazione. Permalosi chef e alberghi o troppo crudeli i clienti? Difficile dirlo.
Su Trip Advisor sarebbe troppo facile fare recensioni false, distribuire lodi o stroncature per simpatia o per interesse, anche senza aver visitato la struttura. I primi a segnalarlo furono gli albergatori della riviera romagnola, che nel 2012 si videro promettere false recensioni stellate in serie in cambio di una fornitura di ciabatte da hotel. Episodi simili, poi, sono capitati altrove, da Bassano del Grappa a Celle Ligure.
A Firenze fu lo chef Amerigo Capria a esporsi. Denunciando il solito tentativo di scambio: «Mi hanno proposto “Dieci casse di vino per cinque recensioni buone su Trip Advisor”. Adesso basta». E «Adesso basta» lo dissero anche gli albergatori del Trentino, che minacciarono la scissione: farsi un sito tutto loro, con qualche controllo in più. Del progetto non s’è più saputo nulla.
«Un anno fa ho ricevuto una stroncatura che mi ha tolto il sonno», dice Alessandro Ciulla, titolare del bed & breakfast Palazzo Ajala a Caltanissetta. «Scrisse di “barriere architettoniche di tutti i tipi”, ma il b&b è al primo piano. Parlò di “pareti sottilissime”, ma è una casa dell’Ottocento. E poi ho controllato l’agenda e ne sono certo: quel signore qui non s’è mai visto».
Quello che Ciulla contesta riassume le ragioni di tanti albergatori e delle associazioni di categoria. «Chiunque può aprire un profilo su TripAdvisor e lasciare una recensione negativa, magari per screditare un concorrente. Quel signore ha cambiato nickname e ora al posto della foto ha un ritratto di Napoleone. Mi ha danneggiato e non posso fare nulla, perché non ho prove. E il servizio clienti non se ne fa carico».
Il dibattito, anche sul forum di Trip Advisor, è caldo da tempo. «Molto spesso vedo strutture che si auto recensiscono a volte anche in maniera spudorata», dice l’utente kikblue. «Trip Advisor dovrebbe trovare un modo di registrare in modo certificato i recensori, in modo da renderli identificabili», propone Enzo di Roma. Altri difendono il portale. Come Stefano, utente di Bologna: «M’infastidiscono le polemiche sulle recensioni false: sminuiscono il valore delle migliaia di recensioni oneste che fanno di questo strumento un aiuto prezioso».
In molti confermano: i voti «pilotati» esistono, ma non sono abbastanza da annullare l’utilità e il valore del portale. Altrimenti il successo di Trip Advisor si sarebbe sgonfiato da tempo. È la linea espressa ieri anche dall’azienda, che spiega: «Ogni singola recensione viene monitorata con algoritmi sofisticati. In più, un team di oltre 200 specialisti conduce investigazioni manuali su ogni singola segnalazione degli esercenti».
Duecento persone e un algoritmo bastano a vigilare su migliaia di recensioni al giorno?
Forse, la risposta al groviglio delle recensioni online passa da qui.
Aperiodico gratuito di socializzazione |
| Contact Us
| Invita i tuoi amici
| RSS:
Blog
| Video
| News
| Links
|
Commenti