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RAI: Signorine buonasera ADDIO

Dopo 62 anni, la Rai manda in pensione le annunciatrici televisive.

Dai primi di giugno le Signorine Buonasera, come vennero soprannominate negli anni che furono, spariranno dagli schermi del servizio pubblico.
L’addio ai volti che, nel bene e nel male per oltre sei decenni hanno allietato e presentato i programmi Rai, è il segno dei tempi che cambiano, di quella rivoluzione iniziata negli anni Novanta con il televideo e che ha portato a una tv sempre più interattiva in cui basta un telecomando per controllare i palinsesti.

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Dalla capostipite Fulvia Colombo che, nel gennaio del 1954, annunciò, da uno studio di Torino, l’inizio delle trasmissioni rai, fino a Elisa Silvestrin, che pronuncerà l’ultimo buonasera la prossima settimana, più di 60 annunciatrici sono entrate ogni giorno nelle case degli italiani dagli anni del miracolo economico ad oggi.

Negli anni Sessanta – l’epoca d’oro della televisione cosiddetta didattica, quella in bianco e nero, con Ettore Bernabei capo supremo – le Signorine buona sera erano famose come le attrici del cinema e degli sceneggiati televisivi di cui annunciavano la visione.

Famose e paparazzate come dive, le loro storie sentimentali e coniugali erano appetite dalle riviste popolari come oggi quelle delle star istantanee dei reality show. I nomi sono altrettante madeleine per la memoria involontaria di quanti hanno superato la boa del mezzo secolo di vita: Aba Cercato, Gabriella Farinon, detta Viso d’angelo, Mariolina Cannuli, Nicoletta Orsomando, Rosanna Vaudetti e, scivolando verso gli anni Settanta e Ottanta, Maurizia Giusti, morta prematuramente, e Maria Giovanna Elmi.

In quegli anni le signorine buonasera erano parte integrante di quell’idea di televisione pedagogica, capace cioè di insegnare oltre che divertire, che in tanti rimpiangono ancora oggi. Annunciare il programma che le famiglie riunite intorno al trono dei vecchi apparecchi televisivi (ovviamente senza telecomando) rispondeva alla stessa logica di alfabetizzazione a cui obbedivano gli sceneggiati, che divulgavano grandi romanzi dell’Ottocento e del Novecento, oppure programmi come “Non è mai troppo tardi” in cui un maestro di scuola elementare, Alberto Manzi, insegnava a leggere e a scrivere chi non aveva avuto la fortuna di sedere fra i banchi.

Era un’altra Italia, quella su cui si affacciavano, ogni sera, le annunciatrici della Rai, un Paese più ingenuo ma più vitale, più capace di sorprendersi e di aprirsi al nuovo: che fosse la drammatizzazione di un romanzo di Tolstoj, firmata da Sandro Bolchi, oppure le novità della scienza raccontate in una rubrica di Giulio Macchi.
«Prendevamo lo spettatore per mano, lo guidavamo nella vasta offerta dei programmi televisivi», racconta Maria Giovanna Elmi, la “fatina bionda” la cui carriera di conduttrice e attrice prese il via proprio da quell’appuntamento serale di pochi minuti con gli italiani iniziato negli anni Settanta e durato oltre dieci anni. «Tempo fa ho letto su Internet un articolo che spiegava quali sono le caratteristiche di Ananova: la perfetta presentatrice virtuale secondo la britannica Press Associated New Media.

Dalla posizione della testa al modo di sorridere, possiamo dire che riuscimmo a precorrere i tempi». Ma la caratteristica più importante, spiega la Elmi, «è la capacità di entrare in sintonia con il pubblico, di creare un feeling, un contatto con lo sguardo e trasmettere una sensazione rassicurante. Era la formula giusta, senza tempo, ma ora la figura dell’annunciatrice è cambiata col tempo e ha perso parte di queste caratteristiche».
La Signorina buonasera «non deve sembrare una modella, non è una sfilata di moda e io - telespettatrice - non devo soffermarmi sul trucco, sulla pettinatura o sulle scarpe.

Devo affezionarmi a quel volto. Vorrei che ci fossero ancora. Ho dei ricordi bellissimi di quel periodo. Non avendo figli e marito lavoravo sempre, a Pasqua, a Natale, a Ferragosto. Ho trascorso i più bei Capodanni a mangiare lenticchie con i tecnici».

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