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Equitalia favorisce le banche e fa un buco da 677 milioni

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I dirigenti di Equitalia che per favorire le banche hanno prodotto un buco nei conti dello Stato di 677 milioni di euro, come è stato accertato dalla Procura Generale della Corte dei Conti, devono essere individuati, chiamati a risarcire i danni ed essere immediatamente rimossi dai loro incarichi. E’ quanto hanno chiesto Elio Lannutti e Rosario Trefiletti, presidenti di Adusbef e Federconsumatori, in una lettera indirizzata alla Presidenza del Consiglio ed al ministro dell’Economia.

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E’ intollerabile che mentre cittadini, artigiani, pensionati e piccole e medie imprese, siano perseguitati da Equitalia con richieste di tributi scaduti, inesigibili ed a volte inesistenti, maggiorati da oneri, balzelli ed interessi di mora che sfiorano l’usura, gli stessi dirigenti di Equitalia abbiano addirittura intentato ricorsi giudiziari contro l’Agenzia delle Entrate per evitare che le banche esattrici, che non avevano versato nel passaggio di consegne i tributi maturati, pagassero quanto dovuto alla fiscalità generale.

Nella lettera, i presidenti di Adusbef e Federconsumatori, allegano l’ennesimo scandalo di Equitalia accertato dalla Corte dei Conti ai primi di luglio 2015 raccontato dalla stampa, che dà  conto del buco  677 milioni di euro (interessi maturati esclusi) nei conti dello Stato, con la puntuale  ricostruzione di otto anni di passaggi giudiziari in cui nessuno ha chiesto ragione del macroscopico ammanco.

“Il vulnus che ha creato il buco – racconta un articolo di un quotidiano allegato nella lettera-, inizialmente di 758 milioni, nasce al momento del passaggio delle consegne nelle riscossioni fiscali tra le banche ed Equitalia, avvenuto nel corso del 2006. Le banche – quelle fin qui controllate dalla magistratura contabile (le agenzie emiliane, venete e friulane di Banca Intesa, Cassa di risparmio di Bologna poi diventata Intesa, Cassa di Risparmio di Ferrara e Montepaschi) – tra il 1990 e il 1994 avevano accumulato un credito di 758 milioni nei confronti di contribuenti che non avevano versato Irpef e Iva, né onorato le sanzioni amministrative. I quattro istituti di credito considerarono “il dovuto” inesigibile e scelsero di mettere questo “rosso” a bilancio. La verità che emergerà con l’ingresso nella riscossione di Equitalia sarà diversa: l’accumulo di credito non era inesigibile, semplicemente non è stato fatto nulla per riscuotere le cifre indicate nelle cartelle esattoriali.

Lo scoprirà presto – sostiene la Corte dei conti – il nuovo riscossore e lo dirà, successivamente, una sentenza di condanna della Corte dei conti dell’Emilia Romagna, che accerterà la mancata volontà di riscossione da parte degli stessi istituti di credito. Si legge nella sentenza del 26 ottobre 2011: “Molti atti sono stati redatti dagli ufficiali di riscossione nelle giornate di riposo o in un’unica giornata in numero sproporzionato”. Ancora, “diversi verbali apocrifi”, altri realizzati “utilizzando modelli standard compilati in maniera generica”. Sulla questione si aprì, tra l’altro, un processo penale al Tribunale di Bologna.
L’Agenzia delle entrate, per conto dello Stato, in un primo tempo ha preteso dalle banche inefficienti il denaro mancante; Equitalia, però, ha fatto ricorso. Sì, Equitalia ha firmato la maggior parte dei 320 ricorsi contro l’Agenzia delle entrate, in realtà spettanti alle stesse banche. E nelle scorse settimane la Corte dei conti – che si sta occupando della fase di appello dei ricorsi – si è accorta che le contestazioni avanzate nei tribunali amministrativi per non far pagare a Montepaschi e agli altri istituti 758 milioni, Equitalia non le poteva fare. Non aveva alcun titolo a garantire i riscossori precedenti e, anzi, “aveva un interesse esattamente opposto a quello delle banche creditrici”. Dopo aver perso più volte in primo grado, nell’agosto 2010 gli istituti bancari hanno ottenuto dal Parlamento una sanatoria. Quindi, hanno versato il 10,91% del dovuto: 81 milioni e chiuso il contenzioso. Oggi la Corte dei conti ha scoperto l’illegittimità dell’azione di Equitalia e, attraverso la sua procura, ha messo in discussione anche la sanatoria parlamentare, “basata su presupposti sbagliati”. Quindi, ha chiesto l’eventuale “danno erariale” per le banche e la “co-responsabilità” per Equitalia Spa”.

Per Lannutti e Trefiletti – che si riservano di effettuare una denuncia penale per i reati ascrivibili a comportamenti infedeli -, non è difficile risalire ai dirigenti di Equitalia che invece di eseguire il loro dovere nei confronti dello Stato facendo pagare il dovuto, hanno favorito smaccatamente le banche, che devono essere immediatamente destituiti con effetto immediato dai loro incarichi, in attesa dei doverosi risarcimenti per danno erariale.

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