Accertamenti fiscali a tutto spiano, ed ora non solo per professionisti e imprenditori, ma anche per lavoratori dipendenti, nonostante la comune convinzione secondo cui la capacità di evadere di tali soggetti sia ridotta: a confermare la legittimità, da parte dell’Agenzia delle Entrate, di una indiscriminata selezione dei soggetti da verificare è una recente sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Roma
I giudici tributari hanno sdoganato l’accertamento cosiddetto “sintetico” sulla base della verifica del tenore di vita e degli acquisti sostenuti dal contribuente. Se, infatti, la capacità di spesa del lavoratore subordinato è superiore rispetto al reddito da dipendente che percepisce (e dichiara) mensilmente, il fisco può legittimamente notificare l’avviso di accertamento e rettificare le imposte dovute dal contribuente.
Dunque, la condizione di lavoratore dipendente non mette al riparo da eventuali controlli fiscali, né esclude la legittimità dell’accertamento nel caso in cui il contribuente disponga di entrate extra, utili a finanziare investimenti dai quali scaturiscono incrementi patrimoniali. Legittimi, dunque, gli accertamenti in banca e quelli con il redditometro.
Come riporta laleggepertutti.it, a sollevare il caso è stata una lavoratrice, destinataria dell’avviso di accertamento, era risultata proprietaria di diversi immobili, oltre a disporre di un’abitazione principale, di un’auto e di avvalersi di una collaboratrice domestica. La stessa, in giudizio, aveva offerto prove generiche, senza dimostrare quali somme di quelle presenti nei conti correnti e nei libretti postali cointestati fossero state impiegate per mantenere il proprio tenore di vita e, soprattutto, per finanziare gli investimenti.
Da qui è scattato l'accertamento
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