Cardinale Tarcisio Bertone: “Tante opere di beneficenza: non lo dico per “farmi bello” ma per sostenere la fede dei fedeli semplici che possono essere sconcertati dalle notizie che leggono su di me”
“Come fa un Cardinale ad avere così tanti soldi?” E’ la domanda che tanti si sono fatti leggendo sui giornali che ha pagato di tasca sua più di 300.000 euro per la ristrutturazione del “suo” appartamento. Risponde in maniera pacata Bertone: “Prima di tutto non è vero che quello ristrutturato sia il “mio” appartamento. E’ un appartamento che mi è stato assegnato da Papa Francesco e che è di proprietà del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano. Quindi tutti i lavori di riqualificazione edilizia dell’immobile rimarranno alla Santa Sede. Quanto alla mia disponibilità finanziaria, ricevo regolarmente uno stipendio e nel corso di questi anni ho ricevuto anche delle offerte personali da parte di benefattori. Devo dire che la mia vita privata, soprattutto ora, non è affatto ricca e dispendiosa come certi articoli di stampa continuano ad insinuare. Ricevo nel mio studio le persone e gli amici che desiderano vedermi e non ho l’abitudine, salvo per qualche circostanza speciale, di invitare a pranzi o a cene, per via di una sobrietà nel cibo alla quale sono abituato. Ricevo in dono a volte dei prodotti alimentari e le suore che sono con me provvedono a distribuire secondo il loro spirito francescano. Negli anni del mio ministero, soprattutto nell’ultimo periodo come Segretario di Stato, non ho dovuto sostenere molte spese dato che i miei impegni di carattere istituzionale erano spesati e la provvidenza che mi veniva data da tante buone persone è sempre stata abbondante. Anche dal punto di vista abitativo in Vaticano non ho l’onere dell’affitto, come è per tutti quelli ai quali è stato dato in uso un appartamento: cardinali, vescovi e anche dei laici. Per questo ho potuto risparmiare e avere la disponibilità economica per alcune necessità ovvie. Fra queste si è presentata anche quella di dover ristrutturare un appartamento, che era in pessime condizioni, per poterlo abitare. Ho deciso allora di addossarmi quell’onere pur sapendo che sarebbe stato di notevole entità. Se avessi trovato qualche aiuto esterno bene, altrimenti sarebbe stata l’occasione per fare un gesto verso la Santa Sede, pagando di tasca mia; i lavori non sarebbero stati solo a mio vantaggio, per il tempo in cui avrei abitato in quella casa, ma l’appartamento opportunamente sistemato sarebbe rimasto al Governatorato per essere poi usato da altri. A volte i Cardinali lasciano come testamento alcuni loro beni alla Santa Sede e per me sarebbe stata l’occasione di fare un’elargizione liberale in quel modo”.
Il Cardinale Bertone prosegue: “So bene che tante famiglie fanno fatica a tirare avanti e devono accendere dei mutui gravosi per assicurarsi la casa. Come Vescovo di Vercelli e di Genova sono venuto a conoscenza di tanti casi di indigenza, e come Segretario di Stato in Vaticano, ho ricevuto tante lettere di persone che mi chiedevano aiuto, soprattutto per trovare lavoro. Cosa difficilissima. Ho fatto del mio meglio distribuendo aiuti a chi me lo chiedeva, anche se non sempre sono riuscito ad accontentare tutti. Però devo confessare – anche se ritengo giusto il detto evangelico “non sappia la sinistra quello che fa la destra” – che ho aperto un conto in banca denominato “per beneficenza” alimentandolo con una parte dei miei risparmi e non solo. Lo dico per fare onore a quelli che hanno contribuito a tessere una rete di aiuti in favore di tante persone. Non lo dico per “farmi bello” ma per sostenere la fede dei fedeli semplici che possono essere sconcertati dalle notizie che leggono su di me.
Nel corso del mio mandato come Segretario di Stato, oltre ai viaggi ed agli impegni istituzionali, ho svolto una intensa azione pastorale, visitando varie diocesi e parrocchie, istituti salesiani, comunità religiose, predicando esercizi spirituali, ecc. Ho anche celebrato messe presso delle fabbriche, ho partecipato a convegni di carattere civile. Insomma non mi sono mai tirato indietro facendo il massimo di quanto ho potuto, non lesinando in fatiche per il mio ministero sacerdotale. Ovunque accettavo l’offerta che erano disposti a darmi, spesso con questa intenzione ‘per la sua carità’. Anche persone benestanti mi dicevano di voler contribuire per qualche opera buona. E tutto questo andava a finire nel conto “per beneficenza”. Questa è stata forse la soddisfazione più bella del mio ministero: distribuire il frutto del mio servizio pastorale”. Poi aggiunge: “Ho ben presente e non mi lascia in pace il brano del Vangelo che parla dell’esame finale al quale saremo sottoposti presentandoci davanti al Creatore: ‘avevo fame… avevo sete… ero nudo, forestiero, ecc… “Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere ti abbiamo assistito? Egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. (…)
Fonte: Il Cittadino di Genova
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