«[Per spiegare le tasse ai bambini] il professor Fichera distribuisce monete di cioccolato, in modo diseguale: cinque ad alcuni, dieci ad altri e ancora di più ad altri. Poi, tra il centinaio di bambini che ogni volta partecipano, alcuni vengono indicati come ‘governo’ e altri come ‘esattori’. E dovranno provvedere alle spese della comunità, tassando i compagni. “I bambini discutono sul livello delle ‘tasse’, sulla necessità di esentare i più ‘poveri’, su quanto far pagare ai ricchi”. E concetti come l’equità, la solidarietà, la progressività diventano…elementari».
Io credo che chi ha fatto questa “lezione” abbia bisogno di studiare molto per capire cosa sono le tasse, cosa è la Legge, cosa è l’uguaglianza davanti alla Legge, cosa è la Libertà, cosa è l’individualità, cosa è la violenza. Lo scopo della “lezione” era quello di giustificare una particolare forma di aggressione e, nello specifico, di violazione della proprietà privata: la tassazione (che è una misura coercitiva).
Se una persona qualunque facesse quello che fa “il governo” quando tassa, sarebbe considerata un criminale. La necessità di discutere questo dettaglio è stata tuttavia abilmente evitata dal professore nella sua “lezione” semplicemente presupponendolo come dato. In particolare:
a) In primo luogo, egli ha presupposto come legittimi i privilegi dati ad alcuni bambini, cioè il fatto che alcuni di essi (quelli arbitrariamente indicati come “governo” e “esattori”) potessero compiere azioni che se avesse compiuto uno qualunque degli altri bambini (quelli “non indicati”) sarebbero state considerate crimini (nella fattispecie, furti);
b) In secondo luogo, ha presupposto come fatto legittimo che solo “il governo” e “gli esattori” potessero provvedere alle spese della comunità (così escludendo a priori gli scambi volontari di mercato).
Inoltre, fra le altre considerazioni accuratamente evitate, c’è stata anche quella che l’uguaglianza di posizione materiale (p. es. di risorse economiche), quando è ottenuta con mezzi coercitivi (per esempio con misure redistributive), sarebbe logicamente incompatibile con l’uguaglianza davanti alla Legge. Dal fatto che le persone hanno qualità diverse, interessi diversi, priorità diverse, trovandosi in posti diversi in momenti diversi, avendo storie diverse, si trovano in situazioni diverse, discende infatti:
1) Che se esse vengono trattate allo stesso modo, finiranno necessariamente in posizioni materiali diverse;
2) Che l’unico modo per farle finire in posizioni materiali uguali (o anche solo meno disuguali) sarebbe quello di trattarle diversamente.
In altri termini, durante la “lezione” è stato volontariamente taciuto il fatto che la progressività fiscale richiede un’idea astratta di uguaglianza davanti alla Legge (la disuguaglianza legale) che è la stessa che sta alla base, per esempio, delle leggi razziali.
La disuguaglianza legale infatti consiste nel fissare un criterio arbitrario (p. es. la razza o il numero di monete di cioccolata), nel formare, sulla base di questo criterio, categorie altrettanto arbitrarie di persone (“ariani” e “non ariani”; “poveri” e “ricchi”), e infine nel trattare allo stesso modo le persone che sono state raggruppate nella stessa categoria, ma in modo diverso quelle che sono state raggruppate in categorie diverse.
Così, senza contraddittorio, su invito di un politico, alla scuola dell’obbligo, una persona il cui reddito deriva da tasse fa una “lezione” a favore della tassazione e della disuguaglianza legale a dei bambini. Che coraggio da leone!
Quando si dice l’assenza di conflitto d’interessi… Un’onestà intellettuale e un senso della giustizia e dell’onore davvero impressionanti!
Forse, quando si parla di tasse, soprattutto ai bambini, potrebbe essere opportuno sentire campane diverse; magari, fra le altre, anche una che abbia un minimo di familiarità con la cultura della Libertà. Altrimenti il rischio di queste “lezioni” è che appaiano troppo chiaramente come delle forme di indottrinamento non diverse da quelle di sistemi totalitari, da cui chi le fa e le organizza si sente molto distante.
In effetti, l’unica differenza che personalmente riesco a vedere fra questo caso e quello di bambini educati a forza per diventare sostenitori di regimi violenti come ad esempio quello nazista, quello sovietico o oggi quello della Corea del Nord, è la particolare forma di aggressione che si vuole giustificare e a cui li si vuole indottrinare.
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