Un sistema quando non vuole cambiare prova a resistere fino all’ultimo.
E’ una legge di vita, e la storia conferma questa tesi. E’ quello che sta avvenendo nel calcio italiano, dove abbiamo una Lega calcio serie A commissariata all’infinito (con Tavecchio dimissionario in FIGC, che prova a rilanciarsi sulla poltrona di presidente della massima serie), con i club, spaccati in due sul nome del prossimo n.1 della Federcalcio. Non c’era spazio per tre candidature e, invece, giustamente, non ci siamo fatti mancare niente al riguardo. In un Paese normale si sarebbe arrivati ad una candidatura unica per mostrare unità, dopo lo sfascio dell’eliminazione dal Mondiale di calcio di Russia2018. Invece siamo appunto a tre candidati. Sotto il profilo della democrazia, potevano anche essere il doppio o il triplo, ma è innegabile che il buon senso (virtù rara nel mondo del calcio) avrebbe consigliato un solo candidato alla Presidenza.
Andiamo per gradi: Cosimo Sibilia senatore della Repubblica per Forza Italia (tra l’altro non si è compreso ancora se sarà candidato per le prossime politiche) appena 18 mesi fa era commissario straordinario della LND in Campania e non era neppure così popolare tra gli addetti ai lavori. Poi, con un colpo a sorpresa, prima è riuscito a diventare presidente della LND, scavalcando il presidente uscente Cosentino (fino a pochi giorni prima del voto saldamente sulla poltrona dei Dilettanti), poi ha sostenuto Carlo Tavecchio lo scorso 6 marzo, per arrivare successivamente a dimissionarlo, dopo essere stato il suo più grande elettore. Adesso con una esperienza inferiore ai due anni ci prova anche per la FIGC.
Che dire, tutto è possibile nella vita, però ci sembra auspicabile una maggiore esperienza (sotto il profilo dirigenziale), così come una maggiore “neutralità” politica.
Damiano Tommasi: è stato un bravo calciatore (prima a Verona poi a Roma). Da sempre è un personaggio dalla “faccia pulita”. Ha sostenuto, senza se e ma, Andrea Abodi (attualmente presidente del Credito Sportivo), lo scorso 6 marzo, contro il presidente in carica Tavecchio. Oggi si presenta per la Federcalcio; non si capisce se spinto da una legittima ambizione personale o da quella di chi gli è più vicino in Associazione. Viene visto dai club di A (al netto di qualche eccezione) come il classico sindacalista. Un ruolo che poco ha a che fare con temi come economia, marketing, governance, sostenibilità, ecc. Avrebbe più senso vederlo al fianco di Gabriele Gravina nel ruolo di vice-presidente vicario (al posto di Sibilia). Se non vuole spaccare l’AIC consegnandosi ad un’idea di restaurazione nel mondo del calcio, ha solo una opzione: fare ticket con il presidente della Lega Pro.
Gabriele Gravina, presidente Lega Pro, sulla carta, è quello, tra i tre, con il minor numero di consensi elettorali (in partenza). Ma questo aspetto, meramente numerico, non deve ingannare i meno attenti.
Sta provando, Sibilia permettendo (domani si parla di una sua visita al presidente del CONI Giovanni Malagò), a chiudere l’accordo con Damiano Tommasi. Ci sembra l’ipotesi migliore (per non dire più naturale) tra quelle praticabili sulla carta. Gravina ha un modus operandi da politico navigato, è un “pacificatore” ed è pervaso sinceramente da una gran voglia di fare, oltre che di cambiare il sistema (soprattutto le storture di questo calcio). Nella precedente tornata elettorale ha sostenuto continuamente Andrea Abodi, pur sapendo di percorrere una strada impossibile. Ha dimostrato in tal senso grande coerenza e affidabilità.
Sarà per questo che qualcuno (che invece le vuole mantenere in vita) gli sta facendo una guerra senza quartiere. Ma questa guerra di posizionamento aiuta più Gravina, che gli altri due candidati: Tommasi non è un politico, Sibilia invece si sta muovendo troppo a livello politico (nei palazzi delle istituzioni), e non sta investendo il tempo a disposizione per far parlare di più del suo programma. Al momento non pervenuto, se non a parole su qualche quotidiano. E l’incontro di domani da Malagò al CONI non lo aiuta ulteriormente. Al di là dei sorrisi e delle pacche sulle spalle, il n.1 del CONI quando c’è una elezione federale è, per natura delle cose, “laico”.
Gravina invece ha investito molto sul programma elettorale, il più completo e dettagliato dei tre in gara. Se già qualcuno dei 275 delegati decidesse di leggerlo, potrebbe portare a casa voti ulteriori il prossimo 29 gennaio.
FONTE: Sporteconomy.it
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