Al contrario del nome un film tutto Italiano di Gabriele Mainetti acclamato al Festival del Cinema di Roma, come il primo SuperHero Movie tutto italiano con Claudio Santamaria, Luca Marinelli e Ilenia Pastorelli.
Enzo Ceccotti è un fallito, vive a Tor Bella Monaca e sbarca il lunario con piccoli furti sperando di non essere preso. Un giorno, proprio mentre sta scappando dalla polizia, si tuffa nel Tevere per nascondersi e cade per errore in un barile di materiale radioattivo. Ne uscirà barcollante e mezzo morto, completamente ricoperto di una strana sostanza. Per contro il giorno dopo si risveglierà dotato di forza e resistenza sovraumane. Mentre Enzo scopre cosa gli è successo e cerca di usare i poteri per fare soldi, a Roma c'è una vera lotta per il comando, alcuni clan provenienti da fuori stanno terrorizzando la città con attentati bombaroli e un piccolo pesce intenzionato a farsi strada minaccia la vicina di casa di Enzo, figlia di un suo amico morto da poco. La ragazza ora si è aggrappata a lui ed è così fissata con la serie animata Jeeg Robot da pensare che esista davvero. Tutto sta per esplodere, tutti hanno bisogno di un eroe.
Il Film è riuscito oltre ogni più rosea aspettativa, somiglia a tutto ma non è uguale a niente, si fa bello con un cast in gran forma scelto con la cura che merita ma ha anche la forza di farlo lavorare per il film e non per se stesso. Claudio Santamaria è il protagonista, outsider da tutto, un po' rintronato e selvaggio, avido, pieno di libido ma anche dotato della dirittura morale migliore; Luca Marinelli è la sua nemesi, piccolo boss eccentrico e sopra le righe, spaventoso e sanguinario con i suoi occhi piccoli e iniettati di follia ma anche malato di immagine (ha partecipato a Buona Domenica anni fa e sogna di diventare famoso e rispettato con il crimine), l'anello di congiunzione tra la borgata di Roma e il Joker. Intorno a loro un trionfo di comprimari tra i quali spicca (per adeguatezza alla parte e physique du role) Ilenia Pastorelli.
Il duo creativo Mainetti/Guaglianone (regia e sceneggiatura) si era già fatto notare anni fa, prima mettendo in scena Lupin III con attori romani (tra cui Valerio Mastandrea nella parte principale) nel corto Basette e poi con Tiger boy (alla lontana ispirato a L'uomo tigre). I due hanno così costruito un percorso creativo e tecnico originale centrato sulla forza dell'ispirazione. Ciò che nel loro primo lungometraggio emerge infatti è come le storie che assorbiamo influenzino la nostra vita, come siamo i primi a desiderare una narrazione di noi stessi. Alessia crede che Jeeg Robot esista, Enzo sa bene che non è così eppure lentamente comincia ad aderire alla sua visione senza senso per la quale è lui l'eroe, comincia a crederci e a ragionare in quella maniera. Da quando sostituisce i DVD Hard con quelli della serie animata nella sua dieta mediatica inizia anche a maturare un'altra consapevolezza, dentro di lui germogliano altri concetti. Guardando un mito e assistendo alle sue storie egli stesso si "fa" personaggio.
Ma anche a un livello più immediato quello di Lo chiamavano Jeeg Robot è un trionfo di puro cinema, di scrittura, recitazione, capacità di mettere in scena e ostinazione produttiva, un lungometraggio come non se ne fanno in Italia, realizzato senza essere troppo innamorati dei film stranieri ma sapendo importare con efficacia i loro tratti migliori. Soprattutto è un'opera che si fa portatrice di una visione di cinema d'intrattenimento priva di boria e snoberia intellettuale, una boccata d'aria fresca per come afferma che il meglio di quest'arte non sta nel contenuto o nel tema ma nella forma (da cui tutto il resto discende). Nonostante un budget evidentemente inadeguato al tipo di storia Lo chiamavano Jeeg Robot è un trionfo di movimenti interni alle inquadrature, di trovate ironiche e invenzioni visive, un tour de force di montaggio creativo e fotografia ispirata (per non dire di effetti digitali a costo contenuto), tutto ciò che serve per raccontare un mito senza crederci troppo e divertendosi molto
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